domenica 2 dicembre 2007

I silenzi zemaniani

Eravamo in pieno periodo di zemanlandia, il Foggia giocava da Dio in serie A, dando lezioni di calcio a tutta Italia e la capitanata era la terra del 4-3-3.
Non ricordo in che anno precisamente, ma in quel periodo a San Giovanni Rotondo si tenne il torneo di Santa Maria, un torneo di calcio per ragazzini, in occasione di una delle due feste patronali. Quella dedicata a Santa Maria delle Grazie, la santa che da il nome al noto convento che aveva ospitato Padre Pio. L’organizzava Franchino R’tunn’. Un’istituzione in paese, proprietario del Bar Sottozero e voce della radio locale: Radio Monte Calvo (dal nome del monte più alto del Gargano).
Avevamo deciso di iscriverci ma, visto che non riuscivamo a raggiungere abbastanza giocatori da poter disputare il torneo, ci rivolgemmo a quelli del quartiere del Puscinone (chiamato così perché sorge sopra quello che una volta era stato un lago). I ragazzi del Puscinone, erano imbattibili in “casa”, complice un campo dove, da una parte il fallo laterale era delimitato da grossi pozzi di acqua sorgiva, con in mezzo un marciapiede dove tutti i ragazzi ospiti, non abituati al campo e nella foga della partita, inciampavano e dall’altra parte da un muro, dove era permessa la carambola. Uscita di moda a San Giovanni già ai tempi di mio padre, che detto tra noi, neanche sopporta il calcio.
In squadra c’era un ragazzo che tutti chiamavano Baggio, per via di un taglio di capelli simile al “divin codino”, ma che a conti fatti di Baggio non aveva niente; c’era il figlio di un proprietario di un noto negozio di abbigliamento del paese, che ci aveva procurato le divise; c’era un certo ragazzo riccio e grosso, che non vidi più dopo quel torneo, ma che a detta di tutti aveva un tiro eccezionale, peccato che in tutto il torneo non si era mai posizionato in una zona del campo ideale da far partire i suoi missili, a parte una volta, ma di questo parlerò più in là; c’era un terzino che con i piedi faceva cagare, ma che pretendeva di fare l’attaccante; avevamo una difesa al dir poco imbarazzante, cosa che mi procurava molto piacere, visto che io ho sempre giocato in difesa e non vedevo alcuna concorrenza; infine, c’era lui, quello che alla storia è passato col nome di Zeman e non per le sue doti di stratega e tattico, ma per una sua frase detta al vice allenatore all’inizio della prima partita: “ije haij fa com’ a Zeman: nun haij dic’ mangh' na parola” (io farò come Zeman, non darò alcuna indicazione ai miei giocatori durante la partita).
Le squadre erano quattro e il torneo si tenne in due giorni. Con semifinali al primo e finali del primo e secondo posto e del terzo e quarto posto al secondo giorno. Nella semifinale ci capitò la squadra favorita, la San Leonardo, squadra dell’omonima parrocchia, che vantava una scuola calcio e molti tornei all’attivo. La nostra si chiamava Mithos, nome di una nota, in quegli anni, discoteca manfredoniana, scelto dal vice di Zeman, memore di una serata estiva passata lì, dove il padre l’accompagnò e lo venne a prendere. Io iniziai in panchina, nonostante gli imbarazzanti difensori della nostra squadra.
La partita si mise subito male, con un gol loro nei primi minuti e con i nostri calciatori che non seguendo le direttive zemaniane, non del nostro ma di quello ufficiale, facevano un po’ ciò che volevano: il terzino attaccante non tornava mai, il riccioluto tiratore che, convinto dalla sua potenza, tirava da qualsiasi posizione e Baggio che non bisognava manco marcarlo, per quanto faceva schifo.
Il nostro Zeman, in panchina non proferiva alcuna parola e dopo l’ennesima infruttuosa discesa del terzino allegro e l’ennesimo capovolgimento di fronte della squadra avversaria, prendemmo un altro gol. Al secondo imbarazzante gol, vidi il mister alzarsi per dare indicazioni ai nostri, ma fu subito zittito dal suo vice: “Zeman non parla neanche quando il Foggia prende tre gol”.
Stavo cominciando a rompermi in panchina e sia il risultato che la prestazione dei nostri difensori, tra cui il cugino del mister e un carissimo amico del cugino, mi spinsero a chiedere al nostro Zeman l’entrata in campo… Solo silenzio da parte sua, anche Zeman, d’altronde, quello vero, faceva così, quando i vari Kolyvanov, Petrescu e Di Bari volevano giocare.
La partita volgeva al termine ed io avevo perso ormai ogni speranza di entrare, così il nostro Zeman, in silenzio come il suo vate, mi fece segno di entrare. Felicissimo dell’opportunità datami, mi posizionai sulla fascia destra e quasi subito gli avversari attaccarono da lì, ci fu un triangolo che intercettai senza problemi passando subito la palla al nostro Baggio, che addormentato, la fece finire fuori. Prima di riprendere il gioco, il mister, con l’imprevedibilità tipica delle squadre zemaniane, mi fece riaccomodare in panchina. Partii una parolaccia dalla mia bocca fanciullesca e da allora non entrai più. Perdemmo due a zero, solo perché la San Leonardo, dopo il secondo gol giocò al piccolo trotto.
Venne il secondo giorno. Ci giocavamo il terzo posto con una squadra alla nostra portata. Io come al solito ero al mio posto a scaldare la panchina.
Il mister memore del fatto che Zeman, anche quando cambia giocatori fa giocare bene le sue squadre, decise di apportare dei cambi alla squadra e spostò in attacco il terzino che tanto il posto di attaccante se lo sarebbe preso comunque e volle togliere dalla squadra titolare il figlio del negoziante di abbigliamento. Ci fu una sorte di crisi interna alla squadra. Il figlio del negoziante minacciò di riprendersi le divise se non avesse ottenuto il posto da titolare e la maglia numero dieci. Il mister in perfetto stile zemaniano (secondo lui credo) accontentò il bimbo viziato e gli diede anche la fascia di capitano, cioè un fazzoletto legato al suo braccio, che lui (il bimbo viziato) aveva portato da casa.
La partita fu noiosa, con pochissimi tiri in porta, a parte i tentativi di tiro da posizione impossibile del nostro riccioluto tiratore, convinto di essere un Ancelotti in erba e le azioni pericolose del terzino attaccante che libero dall’obbligo di difendere, a detta del vice allenatore, era molto più pericoloso. Se per pericoloso si intende un giocatore che al massimo riesce ad ottenere un paio di calci d’angolo.
Io passai l’intera partita chiedendo al mister di giocare, ma non ottenni mai alcuna risposta. Così, demoralizzato, cominciai a chiacchierare con delle persone venute a vedere la finale e completamente disinteressate a quello che stava accadendo in campo.
Complice la scarsezza delle due compagini e i rarissimi tiri in porta, la partita fini zero a zero. Il terzo posto si sarebbe assegnato ai rigori. Chi doveva batterli? In perfetto stile zemaniano il mister, non proferì alcuna parola e gli undici bambini in campo litigarono per chi doveva tirare. Non ricordo bene chi la spuntò, ma ne ricordo due in particolare: il figlio del negoziante, che minacciò di andarsene con le maglie se non lo facevano tirare (s’era mai vista una squadra tirare i rigori a dorso nudo?) e il riccioluto tiratore che a detta di tutti e soprattutto sua era il nuovo Dunga.
Arrivammo al quarto rigore in parità. Io feci notare al mister la scarsa statura del portiere avversario e che se i nostri avessero tirato angolato, era molto probabile che segnassero. Il mister in perfetto stile zemanianao (sempre secondo lui) non disse nulla.
Quarto rigore. Tira il figlio del negoziante. Alto sopra la traversa. Diede la colpa al campo e gli altri per paura di farsi scippare le divise annuirono.
Quinto rigore. Gli avversari erano in vantaggio di un gol. La responsabilità era data al nostro riccioluto con i piedi di piombo. Adesso poteva dimostrare a tutti quel gran tiratore che era. Il terzo posto era nei suoi piedi. Prese una rincorsa lunghissima che pareva partire dall’Ospedale Casa Sollievo della Sofferenza, arrivò nelle vicinanze della palla stanchissimo e tirò centrale in bocca al portiere… Quarto posto.
Il nostro mister in perfetto stile zemaniano, bestemmiava. Io in perfetto stile bastardo godevo.

17 commenti:

Unknown ha detto...

AHAHAHAHAHAHAH!
BRAVO! BRAVO!
AHAHAHAHAHAHAH!
Storia cinica, ma sempre votata alla riflessione, com'è nel tuo stile.
Applausi :-D

Franca ha detto...

'Sti allenatori...

Sandro ha detto...

Bella!

Categong ha detto...

Lo stile zemaniano se non ricordo male comprendeva anche una sigaretta in mano e la faccia triste.

Unknown ha detto...

Della serie "Gufiamo in allegria" :-D

Tanuccio ha detto...

@albe

Da piccolo ero MOLTO cinico...

@franca

Fortuna che sono sempre loro i primi ad andarsene quando le cose vanno male...

@sandro

Grazie :)

@cate

Certo, ma il tipo era sì più grande di noi, ma minorenne. Quindi non fumava (almeno in pubblico) e non poteva essere già triste...

@s.b.

Minimo... Sai la goduria, quando colui che ti gestisce risulta (anche coi risultati) essere più incapace di te :)

Anonimo ha detto...

Mi hai strappto, come al solito, un sorriso di gusto.
Mi sembra di capire che Zeman è il tuo idolo...
^_^

Anonimo ha detto...

commento tecnico:
il tuo blog, ultimamente, è diventato lentissimo...
troppe visite???

Tanuccio ha detto...

@comicomix

Zeman è l'idolo di tutti i foggiani che amano il calcio...

@luigi

Me ne sono accorto anch'io... Comunque a parte quando ho pubblicato l'intervista qui di sotto le visite sono sempre state in media le stesse...
Forse è colpa di Blogspot...

Anonimo ha detto...

Ma chi 6 che scrivi queste stronzate, io sono cresciuto sul Puscinone, e mi riferisco ad un arco di tempo che và dall'85 al 2000, e se anche tu ti riferisci a quel periodo hai scritto un sacco di stronzate!!!!!!!!!! io cmq mi chiamo Donato ma non ho capito tu chi 6???

Tanuccio ha detto...

stronzate?

Anonimo ha detto...

Ciao sono luigi e anche io sono nato e cresciuto sul "MITICO PUSCINONE" e una storia del genere non l'ho mai vista, Donato ha ragione... ciao donà! prima o poi ce l'amma fà 'na partita sop' lu' pusc'non!

Tanuccio ha detto...

La storia è vera quasi per intero, è stato modificato qualcosa per renderla più gradevole e, sicuramente, dai miei offuscati ricordi

Tanuccio ha detto...

E poi il Puscinone era tutto tranne che un campo da calcio e tutti quelli che giocavano lì, non hanno mai capito un cazzo di calcio :)

Anonimo ha detto...

come fai a dire che quelli che hanno giocato lì non hanno mai capito un cazzo di calcio!...è stata una vera e propria palestra, infatti tanti di noi, pur essendo trentenni ed oltre, giocano ancora a calcio discretamente, sempre memori del fatto di aver imparato a tirare i primi calci in una specie di campo che da piccoli ci sembrava proprio enorme!
comunque ti faccio i miei complimenti perchè leggendo la tua storia a me e qualcun'altro ci hai fatto venire in mente tanti bei ricordi del nostro mitico quartiere. ciao da luigi da udine.

Tanuccio ha detto...

Ma dai! Che non avevate neanche le vetrine da rompere e i vecchi che squartavano i palloni una volta andati sul balcone...

Anonimo ha detto...

vetrine no, ma...ad ogni tiro che andava fuori ammaccavamo gli sportelli delle macchine che passavano dall'altro lato della strada...