sabato 21 luglio 2007

"Padrone mio", la canzone più attuale del ventunesimo secolo

Proprio oggi, approfittando del sabato mattina, da passare rigorosamente in casa ad ascoltare musica e non fare un cazzo, ho risentito dopo mesi la bellissima canzone di Matteo Salvatore, "Padrone mio"... Nonostante, conosca poche canzoni del grande artista di Apricena, penso che le sue bellissime ballate siano una sorte di manifesto per la Puglia intera... Purtroppo pochi conoscono questo grande artista, ma vi assicuro, che anche Italo Calvino, si è inchinato a lui (un giorno, forse, vi racconterò del uomo e della truffa divenuta arte, aspetto solo di avere tra le mani la sua autobiografia).
Ma oggi, ascoltando la ballata, "Padrone mio", ho capito come, questo canto, basato sul bracciantismo nel tavoliere, sia ancora attuale nella situazione lavorativa odierna. Sicuramente nessuno ci picchia e fortunatamente non veniamo trattati come venivano trattati i braccianti nel tavoliere (alla stregua di animali), ma penso che abbiamo una cosa in comune con quegli esseri umani, la totale mancanza di diritti, il dover sottostare ai capricci di un superiore. E dove sono le persone che dovrebbero garantire i nostri diritti? Io ancora li cerco...
Comincio sempre più a pensare che i sindacati siano presenti solo laddove possono ottenere un maggior tesseramento, lasciando completamente senza protezione la marea di lavoratori "atipici", che hanno solo le loro unghie per difendersi.
Vorrei essere smentito... Lei Signor Di Vittorio, protettore prima dei braccianti di Cerignola e poi dei braccianti dell'Italia intera, per cortesia, può smentirmi? E se proprio non può farlo, ispiri coloro che dovrebbero seguire le sue orme, mostrandogli il modo di lavorare. Le chiedo scusa per il disturbo, signor Di Vittorio, e che dalla mia postazione non riesco a vedere un futuro...

Ah, dimenticavo, eccovi il bellissimo canto di Matteo Salvatore:

Padrone Mio

Padrone mio ti voglio
arricchire
comme nu chène ie
voie fatiè

Quanno sbaglie damme
li botte
voglio la morte nun me
caccià

I' teng' li figghie che vonno
lu ppéne
chi ce lu daie jè lu tata
padrone mio ti voglio
arricchire

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