venerdì 27 giugno 2008

Supermercato (3^ parte)

La prima parte qui.
La seconda parte qui.

Si svegliò e in un lasso di tempo indefinito, forse nell’attimo stesso in cui la vide, forse in un condensato di anni, nella finitezza di quell’abbraccio infinito, sentì la morte nel cuore ora che i suoi polpastrelli la percepivano di plastica mentre i suoi sensi ricordavano con un crampo allo stomaco la donna che aveva amato per una notte, una notte lunga una vita.
La morte nel cuore. Continuava a stringerla tra le braccia, forte forte, avvolgendola, aggrappandosi a lei. -Che ne sapevo io di cos'era veramente la sofferenza?! Pensavo al fatto che non aver soldi per comperarsi pasta e riso potesse essere la sofferenza, ma in realtà quanti abissi esistono sotto questo? Credevo di trovarmi sul fondo di un baratro e m'accorgo che sotto i miei piedi se ne sta aprendo un altro che sono convinto di non riuscire a sopportare Ho perso tutto sì, non è solo un'impressione, il peggio è arrivato.
“Ha senso alimentare il dolore?- continuava a chiedersi - io qui non sto facendo che questo. Non ne posso più, comincio seriamente a non saper gestire tutto ciò - ormai mi soverchia. È come se avessi un coltello infilzato in pancia ed un mantello bagnato addosso. Ero senza lavoro e ogni barlume di prospettiva sembrava, di giorno in giorno, venir meno. Ma ora ho perso l’unica ragione di vita.”
Senza perdere il contatto fisicocon il suo angelo biondo, si spostò verso l’altra sponda del desolato lettino a una piazza e mezzo e la prese in braccio con tutta la delicatezza che l’amore gli aveva insegnato.
La portò vicino alla finestra, da dove entrava la luce di un giorno che sembrava notte. La nebbia come un lago li isolava dal resto del mondo. In quella luce albina la guardò, estasiato dalla sua bellezza, le accarezzò con una speranza inconsolabile i capelli, mentre cercava la fessura. Le sue carezze si fecero spasmodiche, ma la nuca era liscia e compatta. Prese i capelli, li scaraventò sul davanzale della finestra. La loro ombra proiettò nella stanza una ka'ba di luce.
Con lentezza la distese sul pavimento, si mise a giacere sopra di lei, la strinse ancora tra le braccia e chiuse gli occhi. Intanto i suoi pensieri si allontanavano leggeri, volavano lontano lasciandogli solo la sensazione eccitante di esserle vicino, sempre più vicino, di penetrare nel suo mondo.

Francesca era una cassiera del supermercato, bionda, alta 1,70 e con due splendidi occhi nocciola. Quel giorno fece tardi al lavoro, doveva accompagnare la bambina all’asilo e le mattine, quando la figlia, anch’essa bionda come la madre, faceva capricci Francesca arrivava sempre tardi al lavoro. Il direttore conosceva la situazione e, spesso e volentieri, chiudeva un occhio, anche perché Francesca era un’ottima cassiera e spesso si tratteneva al lavoro anche più del dovuto.
Quella mattina, dato il suo ritardo non seppe subito della scomparsa del manichino, c’erano clienti da servire e lei non poteva perdere tempo in chiacchiere, ma più tardi, durante una pausa, fumando una sigaretta assieme alle colleghe seppe del fatto. Erano tutte divertite dall’atteggiamento investigatore di Dalinghi, ma Francesca era stranamente seriosa.
Seriosa, perché lei sapeva dell’uomo che ogni notte si procurava del cibo nel supermercato, l’aveva visto una volta che fece molto tardi al lavoro, seriosa perché aveva forti sospetti su di lui, seriosa perché non aveva la più pallida idea di cosa se ne facesse quell’uomo di un manichino.
Fu allora che vide davanti il supermercato, Dalinghi che con lo sguardo e una sigaretta in mano ispezionava il palazzo adiacente al supermercato. Alzò lo sguardo anche lei e, da una finestra del secondo piano, notò una ciocca di capelli biondi. Abbassò lo sguardo e vide Dalinghi correre dentro il supermercato. Era sicura: quella ciocca di capelli apparteneva al manichino.
Continua...
In contemporanea con Omnia Munda Mundis.

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